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Da quando l' ambulanza e' un "contesto adeguato" per nascere?


Le considerazioni del Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani di Bologna sulle dichiarazioni AUSL apparse sui quotidiani locali


Articolo di Giornale di oggi

Oramai abbiamo perso il conto, ancora una volta. Anche il 1° dell’anno abbiamo assistito ad un ennesimo parto in ambulanza, ove per fortuna la natura ha fatto il suo corso, tutto è andato bene, grazie anche all’assistenza prestata dalla collega Medico dell’Emergenza Sanitaria Territoriale ed a tutto il personale Infermieristico e Tecnico.


Dobbiamo tuttavia leggere con un certo disappunto le dichiarazioni del Direttore del Pronto Soccorso AUSL di Bologna per come riportate dall’articolo nel quale l’episodio pare essere preso ad esempio e modello di accreditamento di come il sistema funzioni allorquando viene affermato che “abbiamo garantito un contesto adeguato dove la salute della mamma e della figlia è stata garantita.”


Sul punto i Medici dell’ Emergenza Territoriale di questo sindacato, maggioritario nel settore , si sentono di fare una doverosa e critica precisazione sul fatto che un’ ambulanza, seppur mezzo di soccorso emergenziale sanitario, non possa, proprio in quanto tale, intendersi un contesto adeguato ove far nascere in sicurezza un neonato.


Lo si fa e lo si deve fare quando serve in un contesto per l’appunto emergenziale che ultimamente sembrerebbe verificarsi con una episodicità più accentuata ed in misura maggiore dell’auspicabile fors’anche concausata dalle riorganizzazioni dei punti nascita.

Questo non equivale tuttavia poter affermare o ritenere che per un paese civilizzato il mezzo di soccorso in strada sia un contesto operativo adeguato ad affrontare l’evento citato e le sue possibili complicanze.


Non risulterebbe peraltro corretto, al di là della soddisfazione del buon esito dell’episodio in sé, diffondere un messaggio che può essere percepito inteso dalla popolazione come rassicurativo sul fatto che partorire in ambulanza sia “adeguato” – alias sicuro - per almeno due semplici ragioni:

  1. Nonostante la formazione di base, il personale ha alle spalle un numero di parti e procedure ostetriche di gran lunga inferiore a quei famosi standard minimi richiesti sulla base dei quali sono stati chiusi i punti nascita che venivano tacciati di operare non in sicurezza

  2. Il materiale e l’equipe, soprattutto in caso di complicanze, non consente certamente oggi di paragonare contesti operativi e strumentali necessariamente diversi, non potendosi di certo contare minimamente su quanto previsto e presente nelle sale parto delle strutture ospedaliere


I Medici dell’ Emergenza Territoriale fanno il loro dovere sempre al meglio consentibile dal contesto operativo , ma non intendono con questo minimamente essere ritenuti degli specialisti della materia, generando aspettative superiori alle loro oggettive possibilità, non essendo quasi nessuno di questi specialista in ostetricia e ginecologia.


Fortunatamente il parto è un fenomeno fisiologico da millenni e quando tutto va bene la donna e il nascituro necessitano solo di una minima assistenza. Vorremmo invece capire se e quando qualcosa possa andar male e la vita la rischieranno in due, madre e figlio, cosa sosterrà l’ Azienda USL.


Quando qualcosa dovesse andar male si penserà forse che in un’ambulanza con un solo medico si possa realmente operare – in quanto contesto adeguato - al pari o meglio di quel che si sarebbe potuto fare in una sala parto?

In una sala parto troviamo almeno Ostetrica, Ginecologo e Anestesista e/o pediatra .

L’ Ausl pensa di rappresentare nel medico 118  l’uno e trino?


Quindi quando malauguratamente le cose non andassero così bene a chi verrà addossata la colpa? sarà del medico che proverà a far quel che può o magari un prodotto-effetto di un sistema che incrementato le probabilità di questi eventi per via dell'allungamento dei tempi di trasporto a seguito della chiusura dei Punti Nascite?


E non solo per questo effetto, ma anche perché' l'incrementata distanza geografica dello specialista spesso scoraggia le gravide, magari straniere e con difficoltà di spostamento, a percorrere lunghi tratti di strada qualora compaiano sintomatologie minori che precedentemente si facevano comunque esaminare per via della migliore e facilitata accessibilità dei presidi. Qualcuno si e' soffermato su questo possibile effetto e lo ha valutato scientificamente con interviste e raccolte di dati ? I Medici dal canto loro hanno l'impressione che esista, ma dopo Galileo, queste impressioni vanno verificate.


E quando l’ AUSL parla della “Formazione adeguata” si riferisce alle ben 12 ore di tirocinio “complementare” in sala parto previste secondo l’ultima delibera regionale ? Quelle stesse 12 ore che SNAMI aveva chiesto di aumentare inascoltato ?


Chiediamo quindi che si abbia almeno il buon gusto di evitare, al di là del compiacimento per la buona riuscita di un evento in sé, l’accreditamento di messaggi circa il lavoro dei medici 118, che stanno per quanto possono a fianco dei cittadini anche in queste situazioni sopportandone i rischi connessi ad una precarietà emergenziale non definibile adeguato contesto operativo che sarebbe riferibile ad altro, magari a quei punti nascita oggetto di soppressione riorganizzativa ove comunque erano presenti un ginecologo, un’ostetrica ed un anestesista.


L’emergenza ostetrica ed i parti precipitosi ed inaspettati sono un fenomeno che già da solo esisteva fisiologicamente e che non si sentiva il bisogno, anche solo probabilisticamente e come ci si può' ragionevolmente attendere, di incrementare anche a  seguito di scelte logistico organizzative sulle quali oggi lo stesso presidente di Regione dichiara sui giornali oltre battagliare una retromarcia e riapertura.



Articolo su riapertura punti nascita


Come SNAMI ci siamo da sempre chiesti: ma i Punti Nascite sono i muri o i Sanitari che vi lavorano? Perché nel primo caso è giusto chiuderli se non adeguati, ma se sono importanti i professionisti Sanitari e le loro skills, al fine di mantenere una casistica sufficiente non sarebbe bastato che il personale ruotasse tra i centri più grandi e quelli più piccoli? O è solo una questione di costi?


E non ci vengano a raccontare che manca la terapia intensiva neonatale dato che comunque c’erano e rimangono anche oggi aperti punti nascita con volumi di parti superiori e nonostante questo privi delle neonatologie.


L' Esecutivo SNAMI Bologna

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