COMUNICATO STAMPA
Le parole di Donini a Montecchio preoccupano. Evidenti invece i risultati della riforma finora: calo marginale degli accessi nei Pronto Soccorso, concorrenza interna con medici specializzandi che sono pagati meglio nei CAU piuttosto che nei Pronto Soccorso, corsi di formazione per medici d'emergenza non banditi nel 2023 e ancora al palo nel 2024.
Impianto complessivo della sua riforma da bocciare: Distrae le poche risorse presenti verso la bassa intensità, chiusi pronti soccorso e automediche 118, abbassando complessivamente il livello di assistenza del vero sistema di emergenza urgenza disincentivando nei fatti il lavoro nello stesso.
Il sindacato nazionale autonomo medici italiani legge con preoccupazione le dichiarazioni stampa dell'Assessore Donini che lamenta la carenza di personale medico per l'apertura h 24 del pronto soccorso di Montecchio, retorica assolutamente sovrapponibile per tantissimi altri presidi di pronto soccorso e i punti di primo intervento su tutto l'ambito regionale al pari dei mezzi di soccorso avanzato 118 (quelli veri, con equipe medico infermieristica completa).
L'assessore ormai pare entrato in un loop nel quale pur dichiarando che i CAU non sono sostitutivi dei servizi di pronto soccorso né tantomeno della medicina generale, di fatto li rende l'unica risposta possibile, al pari del noto “che mangino brioches”, senza evidentemente spendersi minimamente per risolvere il problema della vera emergenza urgenza, quella che salva ogni giorno migliaia di vite.
Desideriamo infatti ricordare all'assessore che la Regione Emilia-Romagna nell'ambito dell'anno 2023 non ha nemmeno pubblicato i necessari corsi di idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale che tramite le intese in essere possono anche andare a supportare con personale preparato e certificato anche i servizi ospedalieri di pronto soccorso laddove necessario, evitando le cooperative. L'atteggiamento della regione che nel 2023 non ha proprio pubblicato i bandi che anche adesso nel 2024 sono ancora al palo, tende di fatto a non risolvere in alcun modo il problema dei veri servizi di emergenza urgenza che non sono come oramai evidente anche dai dati, alleggeriti dai CAU.
Per contro, tutta l'attenzione dei funzionari dell'assessorato di viale Aldo Moro pare oggi incentrata sul risolvere le incompatibilità per permettere ai medici di famiglia di svolgere attività dentro i CAU, altro segnale che al di là di dare piena ragione alle richieste pluriennali di questa organizzazione sindacale rispetto alle incompatibilità da rimuovere, dimostra
che ci sono anche delle criticità di personale che solo due settimane fa l'assessorato ha tentato di smentire sulla stampa in risposta alle nostre legittime osservazioni.
Nondimeno, sta emergendo sempre più chiaramente in queste settimane come la riforma che ha istituito i CAU non solo non abbia supportato i pronto soccorso ma stia creando anche una concorrenza interna che sottrae agli stessi anche i pochi medici in formazione specialistica che avrebbero potuto concorrere per posti di pronto soccorso in quanto l'impianto complessivo della struttura retributiva dei CAU voluta da Donini ha fatto sì che lo specializzando che sceglie di rimanere specializzando con la borsa di studio e di fare qualche turno nei CAU possa avere occasioni di guadagno superiori a quelle
che avrebbe avuto facendosi assumere in un pronto soccorso. Poi Donini si lamenta dei concorsi deserti?!
Anche questo elemento era stato da noi sottolineato nell'ambito dei tavoli negoziali ma ovviamente ignorato dallo staff di Donini.
Siamo in conclusione estremamente preoccupati dell'approccio evidentemente errato dell'impianto generale della riforma dell'emergenza urgenza che di fatto distoglie risorse dalla vera emergenza urgenza ma anche dalle cure primarie, per potenziare una risposta territoriale per problematiche di scarsa criticità contemporaneamente non incentivando e
migliorando le condizioni di lavoro della vera emergenza urgenza ma addirittura omettendo l'attivazione dei percorsi di formazione obbligatoria che sono responsabilità delle aziende sanitarie della Regione Emilia-Romagna, comportando sostanzialmente un globale declassamento del livello di assistenza.
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