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🔍 Medicina di Famiglia: Rivoluzione o Rottamazione?

  • 7 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Fulvia Sisti giornalista saggista Intervista Roberto Pieralli MD - Presidente di SNAMI Emilia-Romagna


Cosa sta succedendo davvero alla medicina generale italiana? Un’intervista a Roberto Pieralli, presidente SNAMI Emilia-Romagna, ci aiuta a capire i pericoli di una riforma tanto annunciata quanto mal compresa.

“Il nostro sistema era un modello, ma lo stiamo sabotando pezzo dopo pezzo.”Roberto Pieralli MD

🧭 Il contesto: tra riforma e rivoluzione

L’Italia si trova davanti a una delle trasformazioni più delicate del proprio Servizio Sanitario Nazionale: la riforma della medicina di famiglia. Il dibattito, infuocato, ruota attorno alla possibile transizione del medico di famiglia da professionista convenzionato a dipendente del SSN.

Nell’intervista con Fulvia Sisti, il dott. Roberto Pieralli ha affrontato con chiarezza chirurgica le implicazioni giuridiche, organizzative ed economiche di questo passaggio. Il cuore del problema? Il rischio concreto di spezzare il rapporto fiduciario medico-paziente, compromettendo uno dei pilastri più efficaci e meno costosi del nostro sistema sanitario.

🧾 Da convenzionato a dipendente: cosa cambierebbe davvero

Il medico di famiglia italiano oggi è un libero professionista convenzionato. Significa che:

  • Lavora secondo accordi collettivi nazionali, non contratti da dipendente.

  • È pagato in base al numero di assistiti, non di ore lavorate.

  • Ha una responsabilità diretta verso i pazienti, che lo scelgono liberamente.

In caso di passaggio alla dipendenza:

  • Il medico verrebbe inquadrato come lavoratore subordinato, con orari e sedi imposti dalle ASL.

  • Il rapporto col paziente rischierebbe di diventare anonimo e a turnazione, simile a un call center sanitario.

  • I costi aumenterebbero enormemente: ferie, TFR, sostituzioni, studi, dotazioni diventerebbero a carico dello Stato.

🗣️ “Col lavoro dipendente, salta il rapporto fiduciario: si vorrebbe mantenerlo a parole, ma è di tutta evidenza che sia impresa impossibile sul medio lungo termine, oggi c'è il tuo medico, domani chi sarà di turno.”— R. Pieralli

📉 I rischi economici: la spesa aumenterebbe, non la qualità

Pieralli evidenzia un paradosso tecnico e finanziario: la medicina convenzionata è economicamente sostenibile, perché si paga per prestazione (pazienti assistiti), mentre la dipendenza obbliga a pagare “a testa” il medico – indipendentemente dalla produttività reale.

🧾 “Nel modello convenzionato, se ho 1000 pazienti pago per 1000. Nel modello dipendente, pago il medico come “testa”, non in base ai pazienti, quindi ogni medico anche se ha 500 pazienti.”

Inoltre, trasformare i medici di base in dipendenti implicherebbe:

  • Oneri aggiuntivi per spazi di lavoro, strumenti di lavoro, personale di supporto a totale carico delle AUSL.

  • Costi previdenziali a carico dell’INPS invece che dell’ENPAM.

  • Un’ulteriore perdita di medici in età pensionabile, scoraggiati dal nuovo sistema.

  • Un drammatico calo dell’attrattiva per i giovani che troveranno maggiori gratificazioni all’estero.

🧑‍⚕️ “La soluzione non è cambiare contratto, ma aggiornare la convenzione”

SNAMI propone una riforma sì, ma a partire dal rinnovo della Convenzione, con:

  • Revisione del rapporto reale medico/pazienti: non più 1 ogni 1800 come in molte regioni oggi, ma massimo 1 ogni 1000, come previsto nel rapporto ottimale nei vecchi accordi.

  • Riconoscimento della complessità assistenziale (anziani, cronici, domiciliarità).

  • Ridefinizione dell’orario settimanale non con un “cartellino”, ma con una griglia flessibile tra ambulatorio, visite, telefono, attività multidisciplinari che faccia smettere la balla che il medico di famiglia lavora solo 3 ore al giorno.

  • Potenziamento delle AFT e delle forme associative già previste per garantire copertura e presenza senza spezzare il legame medico-paziente.

📚 Il collo di bottiglia: la formazione bloccata

Un tema spesso ignorato è quello della formazione dei nuovi medici di famiglia. Pieralli lo definisce il “peccato originale” del sistema attuale:

  • Il corso triennale di medicina generale non è equiparato a una specializzazione, creando disparità con gli specialisti.

  • È finanziato con borse di studio misere (800 €/mese), insufficienti a garantire continuità.

  • È incompatibile con molte attività lavorative: chi lavora, non si forma; chi si forma, non lavora.

  • La programmazione regionale dei posti è stata miope, ignorando l’emorragia di personale nei settori chiave come guardia medica, 118, carceri.

🗣️ “Se non formi abbastanza medici, li costringi a coprire troppi pazienti. Così il sistema si rompe.”

🧱 Il sistema era buono. Il problema è che non è stato rispettato.

Secondo Pieralli, il modello italiano era – ed è ancora – potenzialmente virtuoso. Ma è stato compromesso da deviazioni tecniche e politiche:

  • Il rapporto ottimale medico/popolazione non è stato mai realizzato per colpa della malagestione dei processi formativi.

  • Le regole di reclutamento non hanno considerato la pluralità di servizi territoriali.

  • Si è lasciato spazio all’abuso di incarichi provvisori a personale non formato, bloccando di fatto riconoscimento di esperienza professionale maturata e quindi di nuovi medici titolati in tempi accettabili.

🧠 “Se fossero stati rispettati i parametri, avremmo uno dei modelli più virtuosi al mondo.”

🏥 Il rischio più grave: burocratizzazione e perdita di autonomia

L’ultima parte dell’intervista è un monito. Trasformare il medico in un impiegato significa:

  • Eliminare ogni prospettiva di carriera, riducendo l’ambizione.

  • Impedire la specializzazione mista (es. medico di famiglia e cardiologo).

  • Creare un sistema impiegatizio, centralizzato, burocratizzato, dove le decisioni cliniche sono subordinate a logiche aziendali.

🗣️ “Diventiamo una macchina di esecuzione burocratica. Non è così che si cura una persona.”

🔚 Conclusioni: quale via d’uscita?

L’intervista si chiude con un messaggio realistico, ma non pessimista. Pieralli sostiene che:

  • Serve formazione seria, con più pratica, meno rigidità e più libertà formativa.

  • Bisogna recepire le direttive europee, che consentono anche percorsi part-time o misti.

  • Occorre valorizzare la libertà professionale, garantendo anche competitività e crescita interna alla categoria.

🧭 “C’è ancora una via: tornare a una buona programmazione e seguire la strada meno battuta.”

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La riforma della medicina generale non è solo un problema di medici. È una questione che riguarda tutti noi, come cittadini, pazienti, famiglie.

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