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Le lacrime di coccodrillo sulla crisi della medicina d’emergenza

Gentile Direttore, oggi in tutta Italia SIMEU, società scientifica, ha deciso di manifestare per l’estinzione della figura del medico di emergenza urgenza. A partire dall’emergenza pre-ospedaliera, sono anni che assistiamo al patrocinio del task-shifting, o meglio di un task shifting non condiviso dalla gran parte dei professionisti medici dell’emergenza che, pur riconoscendo l’importanza e valorizzazione del lavoro di equipe, sanno anche bene cosa è opportuno e cosa non, sia sul piano clinico, dell’interesse del paziente, che su quello medico-legale.

In un contesto in cui per anni i laureati in medicina e chirurgia, abilitati dopo 6 anni di studi, venivano immolati sull’altare del precariato dell’emergenza urgenza poiché già vittime dell’indecenza dell’imbuto formativo, venivano lasciati con contratti atipici e precari utili solo a tappare i buchi in assenza di qualsivoglia riconoscimento professionale, formativo ed accademico, “brutalizzando” il valore della professione medica mentre parimenti, società scientifiche incluse, promuovevano il task shifting quasi a dire “caro dottore tu sei l’utile idiota, usa e getta nell’attesa del radioso avvenire del task shifting”.


Ci si rende conto che le stesse società scientifiche che oggi manifestano, non più tardi di qualche mese fa, patrocinavano eventi nei quali si sosteneva lo scontro interno alla professione tra medici di emergenza territoriale e medici di emergenza ospedaliera solo in funzione del mero inquadramento amministrativo, apparentemente mal celando quelle che vengono da molti interpretate come invidie o gelosie del lavoratore subordinato rispetto all’autonomo.


Molti di quelli che oggi piangono lacrime di coccodrillo, sono gli stessi che hanno promosso modelli nell’ideologica visione del medico unico dell’emergenza-urgenza.


Al pari del pensiero unico, anche il medico unico non esiste. Ci sono percorsi diversi, inquadramenti diversi, aspirazioni ed aspettative diverse, prospettive di carriera diverse che vanno rispettate perché l’aver perseguito questo fondamentalismo oggi ha reso inavvicinabile la disciplina per noi giovani medici che sono giunti alla consapevolezza di questi meccanismi patologico-disfunzionali.


E’ evidente che la rarefazione dei primariati ha reso pessime le prospettive di carriera nel SSN a fronte di enormi dispendi di denaro pubblico per altre figure dirigenziali non mediche di dubbia utilità pratica.


Non tutti i giovani medici sono disposti ad essere acritici dipendenti, dirigenti sulla carta ma troppo spesso tappabuchi malpagati e sfruttati nella pratica.


Il preoccupante shift che vede il transito di medici, dipendenti e non, verso il potentato delle cooperative dovrebbe indurre l’SSN e le stesse società oggi in lacrime, a favorire l’attribuzione di diverse forme di inquadramento quali quelle convenzionali (esempio: specialistica ambulatoriale), o viceversa a cambiare profondamente la struttura del CCNL rimuovendo tutte quelle limitazioni e irrigidimenti all’iniziativa professionale che oggi portano il medico a scappare dal SSN.


Fa sorridere il sentir taluni iscritti alle società scientifiche di medicina d’emergenza esternare posizioni irrealisticamente integraliste nelle quali professano l’obbligatorietà della specialità come unico canale di accesso ma smentito da oltre vent’anni nella fattualità.


La scuola di specializzazione ha evidenti problemi ignorati da chi solo pochi anni fa invece che promuovere il riconoscimento delle abilità e delle competenze di fatto ha preferito manifestare verso lo straordinario ampliamento dei posti in specializzazione come soluzione unica e giusta, senza modificare di una virgola i problemi noti e conosciuti, trovandosi oggi con il proverbiale pugno di mosche in mano. Tra tutti, chi sceglierebbe un percorso più lungo e accidentato che alla fine garantisce una ristrettezza di sbocchi professionali rispetto ad altre scuole prospettive identiche e talvolta superiori?


Il medico di emergenza può essere considerato un “general practitioner della fase acuta” che abbraccia a 360 gradi le branche realmente specialistiche di organi ed apparati ed è per questo che in molti ritengono che sia illogica ed inopportuna la contrapposizione con la medicina generale che condivide con l’emergenza-urgenza non solo il 118 ma tanta parte dei contenuti clinici e professionali.


Tutto ciò e dimostrabile con i volumi di attività dei servizi di emergenza-urgenza per sopperire alla carenze strutturali, tecnologiche ed organizzative dei servizi del territorio.


Non posso che dire a chi oggi piange lacrime di coccodrillo quello che disse Winston Churchill “Chi non cambia mai idea non cambierà mai nulla”.


Dr. Filippo Sanna

Medico di Emergenza Territoriale

Medico in Formazione Specialistica MEU

Referente SNAMI Bologna Formazione Medica


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